Pathos su arpa III

Pathos su arpa III

Presentazione di Luigi Ruggeri

 

 

Quando la mia poesia incontra gli antichi Dèi nasce la Poesia Mitologica. Mi sembra questo l’”assunto” da cui partire per presentare l’argomento di questo libro rispondente ad un’avvertita esigenza dell’autrice di rivolgersi al “mito”, che si presta ad una duplice attenta lettura, ovvero: “mitologia e poesia” (e congiunzione) e “mitologia è poesia” (è voce verbale).
A me pare abbastanza evidente come entrambe le interpretazioni possano essere ritenute valide, dal momento che la mitologia ha in tante occasioni ispirato, e in vari modi, poeti di ogni tempo.
Mi sento di sposare le tesi di Giambattista Vico il quale sottolineando la sua “liricità” fa coincidere il mito con la fantasia e il senso dell’epica primitiva.
Così Carmela, poetessa dell’ultima generazione, non disdegna di affidarsi alla mitologia classica e, in particolare a quella di Saffo, incurante della innumerevole serie di detrattori che tale tipo di poesia ha avuto nel corso della storia della letteratura e della poesia, a partire dal Romanticismo, che, fra l’altro, sosteneva la necessità di un autentico rinnovamento nell’arte. (vedi Alessandro Manzoni - 1823).
Carmela Nastro, poetessa di rango e di valide ragioni espressive ha seguito inconsciamente il Foscolo che riuscì a dimostrare come la mitologia potesse essere fonte di autenticità e viva ispirazione e non “un’aggiunta estrinseca ed accidentale”.
Accodatasi ad una serie di grandi poeti del passato come Vincenzo Monti, Giacomo Leopardi ed altri, la Nastro ci parla della Sua vita come continua ricerca della “Primavera, giovinezza dell’animo”, confermando con quest’ultima raccolta come la “mitologia” sia poesia, perché con essa coincide l’essenza della prima manifestazione del “poetare”.
Chi legge le poesie di Carmela Nastro, scopre di pagina in pagina come ogni fenomeno naturale o vitale possa commuovere e appassionare, ogni momento della quotidianità riesca a riempirci di stupore e di ammirazione, così come ogni intuizione del trascendente, trovino ulteriore conferma non solo nella Fede ma anche nel mito che li trasfigura.
Qui, sebbene Ella si affidi al sentimento, domina quel pathos
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che con profonda allegoria esprime la supremazia della ragione sulla forza, la vittoria della “luce”sulle “tenebre”.
Dolci, delicate e passionali le liriche della Nastro alimentate dalla fantasia si collegano al motivo dominante del “mito”e, in questo trovo commozione per l’evocazione, specchio della Sua “tormentata” sensibilità romantica.
Ma perché scrivo questo? Perché non posso non rifarmi al concetto di Pathos [πάθος, pathos] (dal greco πάσχειν “paschein”, che vuol dire letteralmente “soffrire” o “emozionarsi”, come una delle due forze che regolano l’animo umano secondo il pensiero greco in opposizione al Logos, che è la parte razionale.
In Carmela Nastro il Pathos indica il sentimento come affezione dell’animo, utilizzato ad arte per creare la partecipazione empatica.
Ella (Nastro) nella contemporaneità si serve del Pathos per costruire nel dettato lirico una carica emotiva e di commozione e l’uso di un intercalare pregno di passione nell›avanzare del discorso.
La scelta di pubblicare le poesie con la traduzione in lingua spagnola trova ragione, a mio avviso, nel desiderio che pervade la Nastro di introdurre il lettore nel mondo dei sentimenti e della musicalità che costituiscono la vera “magia” della Sua poesia.
Queste poesie non sono soltanto qualcosa da leggere nella penombra di una luce soffusa, ma espressione di una libertà affidata alle parole, affinché la loro voce arrivi agli altri, a chiunque le legga o le ascolti.
Infine mi pare opportuno puntualizzare che, data la bellezza del “canto poetico”, la cadenza dello spagnolo come lingua romanza, (o lingua latina o neolatina) delle poesie di Carmela riesca ad articolarsi con un ritmo di versi ed una melodia idonei a formare un’unica armonia, come vera e propria “vibrazione dello spirito”.
Per queste ed altre ragioni dovremmo tutti ringraziarLa.

Quando la mia poesia incontra gli antichi Dèi nasce la Poesia Mitologica. Mi sembra questo l’”assunto” da cui partire per presentare l’argomento di questo libro rispondente ad un’avvertita esigenza dell’autrice di rivolgersi al “mito”, che si presta ad una duplice attenta lettura, ovvero: “mitologia e poesia” (e congiunzione) e “mitologia è poesia” (è voce verbale).

A me pare abbastanza evidente come entrambe le interpretazioni possano essere ritenute valide, dal momento che la mitologia ha in tante occasioni ispirato, e in vari modi, poeti di ogni tempo.

Mi sento di sposare le tesi di Giambattista Vico il quale sottolineando la sua “liricità” fa coincidere il mito con la fantasia e il senso dell’epica primitiva.

Così Carmela, poetessa dell’ultima generazione, non disdegna di affidarsi alla mitologia classica e, in particolare a quella di Saffo, incurante della innumerevole serie di detrattori che tale tipo di poesia ha avuto nel corso della storia della letteratura e della poesia, a partire dal Romanticismo, che, fra l’altro, sosteneva la necessità di un autentico rinnovamento nell’arte. (vedi Alessandro Manzoni - 1823).

Carmela Nastro, poetessa di rango e di valide ragioni espressive ha seguito inconsciamente il Foscolo che riuscì a dimostrare come la mitologia potesse essere fonte di autenticità e viva ispirazione e non “un’aggiunta estrinseca ed accidentale”.

Accodatasi ad una serie di grandi poeti del passato come Vincenzo Monti, Giacomo Leopardi ed altri, la Nastro ci parla della Sua vita come continua ricerca della “Primavera, giovinezza dell’animo”, confermando con quest’ultima raccolta come la “mitologia” sia poesia, perché con essa coincide l’essenza della prima manifestazione del “poetare”.

Chi legge le poesie di Carmela Nastro, scopre di pagina in pagina come ogni fenomeno naturale o vitale possa commuovere e appassionare, ogni momento della quotidianità riesca a riempirci di stupore e di ammirazione, così come ogni intuizione del trascendente, trovino ulteriore conferma non solo nella Fede ma anche nel mito che li trasfigura.

Qui, sebbene Ella si affidi al sentimento, domina quel pathos che con profonda allegoria esprime la supremazia della ragione sulla forza, la vittoria della “luce”sulle “tenebre”.

Dolci, delicate e passionali le liriche della Nastro alimentate dalla fantasia si collegano al motivo dominante del “mito”e, in questo trovo commozione per l’evocazione, specchio della Sua “tormentata” sensibilità romantica.

Ma perché scrivo questo? Perché non posso non rifarmi al concetto di Pathos [πάθος, pathos] (dal greco πάσχειν “paschein”, che vuol dire letteralmente “soffrire” o “emozionarsi”, come una delle due forze che regolano l’animo umano secondo il pensiero greco in opposizione al Logos, che è la parte razionale.

In Carmela Nastro il Pathos indica il sentimento come affezione dell’animo, utilizzato ad arte per creare la partecipazione empatica.

Ella (Nastro) nella contemporaneità si serve del Pathos per costruire nel dettato lirico una carica emotiva e di commozione e l’uso di un intercalare pregno di passione nell›avanzare del discorso.

La scelta di pubblicare le poesie con la traduzione in lingua spagnola trova ragione, a mio avviso, nel desiderio che pervade la Nastro di introdurre il lettore nel mondo dei sentimenti e della musicalità che costituiscono la vera “magia” della Sua poesia.

Queste poesie non sono soltanto qualcosa da leggere nella penombra di una luce soffusa, ma espressione di una libertà affidata alle parole, affinché la loro voce arrivi agli altri, a chiunque le legga o le ascolti.

Infine mi pare opportuno puntualizzare che, data la bellezza del “canto poetico”, la cadenza dello spagnolo come lingua romanza, (o lingua latina o neolatina) delle poesie di Carmela riesca ad articolarsi con un ritmo di versi ed una melodia idonei a formare un’unica armonia, come vera e propria “vibrazione dello spirito”.

Per queste ed altre ragioni dovremmo tutti ringraziarLa.

Luigi Ruggeri